sabato 26 marzo 2011

Si può fermare la guerra?

Ouspensky fece la stessa domanda a Gurdjieff nel 1915, poco prima che anche la Russia entrasse in guerra.
Questa è la risposta che gli diede allora Gurdjieff, e che viene riportata da Ouspensky in “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”:

Alla domanda “Si può fermare la guerra?”, Gurdjieff risponde: “Sì, si può, ma tutta la questione è “In che modo?” Occorre un grande sapere per comprenderlo. Che cos’è la guerra? La guerra è un risultato di influenze planetarie. In qualche punto, lassù, due o tre pianeti si sono avvicinati troppo e ne risulta una tensione. Per essi ciò non dura che due o tre secondi, forse. Ma qui, sulla terra, le persone si mettono a massacrarsi e continuano a massacrarsi per anni. Sembra loro, in tali periodi, di odiarsi a vicenda; o che sia loro dovere massacrarsi per qualche sublime ideale; oppure di dover difendere qualcosa o qualcuno e che ciò sia molto nobile, o qualche altra cosa del genere. (…) Per arrestare le guerre basterebbe che la gente si svegliasse. Sembra una cosa da nulla. Non vi è nulla, invece, di più difficile, perché il sonno è indotto e mantenuto dall’intera vita circostante, da tutte le condizioni dell’ambiente. (…) Le guerre non avvengono per colpa degli uomini. Alla loro origine stanno forze cosmiche, influenze planetarie. Ma negli uomini non vi è alcuna resistenza a queste influenze, e non vi può essere perché gli uomini sono schiavi. Se fossero degli uomini, se fossero capaci di “fare”, sarebbero capaci di resistere a queste influenze e di trattenersi dall’uccidersi l’un l’altro.”

Gurdjieff dice che occorre un grande sapere per comprendere come fermare la guerra, e poco dopo accenna al significato esoterico dei sacrifici. “Se niente è sacrificato – dice – niente può essere ottenuto, ed è indispensabile sacrificare ciò che è prezioso, sacrificare molto e per molto tempo. Ma non per sempre.”

Anche in Jung ricompare con altre parole quest’idea del sacrificio, rappresentato dalla necessità di tollerare la tensione tra gli opposti, senza cedere alla tentazione dell’Io di identificarsi unilateralmente ora con l’uno ora con l’altro polo – processo che Jung stesso paragona ad una sorta di crocefissione in vista di una rinascita su di un piano superiore.

In una famosa lettera scritta ad Olga Froebe, Jung dice infatti: “Noi siamo crocefissi tra gli opposti e consegnati alla tortura finché non prende forma il terzo elemento che porta alla riconciliazione. Non nutra dubbi sulla giustezza dei due lati che percepisce dentro di sé, e lasci che tutto ciò che può accadere, accada. Il conflitto apparentemente intollerabile è la prova della giustezza della sua vita. Una vita senza contraddizione interna è solo una vita a metà oppure una vita nell’Aldilà, destinata solo agli angeli. Ma Dio ama gli esseri umani più degli angeli.”

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