mercoledì 11 maggio 2011

La differenza tra fare e agire


“La nostra epoca ha stravolto il significato della parola “agire”. Quelli che noi chiamiamo “atti” non sono frutti dell’agire ma appartengono più al suo contrario, al patire o talvolta al niente (per esempio, l’atto di mangiare). In altre parole, “fare” non significa “agire”. Nella nostra società disciplinare sappiamo ciò che dobbiamo fare in ogni momento della giornata. Sappiamo bene chi è una persona attiva. Non è una persona che suona il trombone, dipinge, fa l’amore o osserva il mondo. La persona attiva obbedisce a un fare regolamentato, superdisciplinato. Attivo e passivo sono, nel nostro mondo, le due facce del medesimo patire […] La nostra società si crede massimamente attiva in quanto iperattiva, ma una tale iperattività è del tutto diversa dall’agire perché in essa sono assenti consapevolezza e conoscenza di sé. L’iperattività è dunque una sorta di doppio sintomo dell’impasse e della sofferenza verso cui ci conduce la nostra incapacità di agire e della necessità politica di continuare a giustificare il sistema che ci costringe a questo […] L’agire passa, quindi, attraverso la rinuncia al controllo della situazione, ci impegna sempre in qualcosa di ignoto e nell’accettare gli interrogativi che ci portano verso la molteplicità. L’agire è quel momento in cui mi faccio un po’ da parte e mi lascio traversare da elementi di una molteplicità a cui appartengo […] L’agire mi fa per forza perdere la bussola. Agire mi fa cercare l’armonia, il senso di collettività. L’agire è sovversivo.”
Miguel Benasayag, ABC dell’impegno

Fanno riflettere queste parole di Benasayag, soprattutto ora, con tutti questi pianeti in Ariete, che inviterebbero all’azione, e invece producono solo iperattività, frustrazione, rabbia e una cronica mancanza di tempo per suonare il trombone, dipingere, fare l’amore e osservare il mondo.

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